Tutta la verità sul cucchiaio di legno
La storia del più famoso trofeo che nessuno vuole vincere.
Questa sera inizia il 6 Nazioni, il più antico e affascinante torneo di rugby per Nazionali europee. Anche se il rugby non è esattamente lo sport più amato e diffuso in Italia, negli ultimi anni ha fatto comunque passi da gigante nel nostro Paese, quindi vi risparmio la lezioncina. Ma c'è una cosa del racconto del rugby italiano che non mi è mai andata giù: la storia del cucchiaio di legno.
Da quando abbiamo fatto il nostro ingresso in quello che, prima di noi, era il 5 Nazioni, il cucchiaio di legno è stato molto spesso al centro delle cronache sportive. Ma che cos'è il cucchiaio di legno?
Un trofeo simbolico. Il più goliardico di tutti, e quello che nessuno vuole vincere. Finora, in 24 anni, noi ce lo siamo aggiudicato 18 volte. Per fare un paragone: l'Irlanda può "vantarne" 30, ma dal 1883. Fate voi il conto.
Ora: nei resoconti italiani meno specializzati, cioè quasi tutti, si è sempre fatta una certa confusione sul mitico cucchiaio. Che viene assegnato a chi arriva ultimo, e non a chi perde tutte le partite. In questo caso si parla invece di "whitewash", che però non è un trofeo, neanche simbolico. Sembra una distinzione sottile, ma non lo è. Ma più che altro, è un'occasione sprecata.
Non di fare cronaca, ma di entrare nelle pieghe di uno sport meno noto attraverso una storia curiosa. Quella del cucchiaio di legno, appunto. Del trofeo che nessuno vuole vincere ma che è diventato noto ben oltre i confini della palla ovale. E con un'altra particolarità: essere una leggenda, nel senso più puro del termine.
L'idea di un cucchiaio di legno come premio goliardico pare nasca tra gli studenti dell'Università di Cambridge e, da qui, approdi poi al rugby. Secondo alcune versioni, a un certo punto del '900, un cucchiaio di legno è esistito davvero ed è stato fisicamente assegnato all'ultima classificata. Pare su iniziativa di un giocatore inglese in vacanza in Svizzera. Poi, però, così com'è apparso, quel cucchiaio è sparito nel nulla. Qualcuno afferma che da allora sia custodito da non si sa chi in un castello delle Orkney, arcipelago al largo della Scozia, tra Norvegia e Faroe.
Una leggenda impossibile da verificare, ma che ha sempre esercitato un fascino quasi mistico sul sottoscritto, perso in fantasticherie su un vecchio utensile da cucina nascosto dentro un maniero a picco sull'oceano, testimone silenzioso della storia di uno sport che ancora oggi si alimenta di questo folklore. Nonostante il professionismo, la tecnologia, le mondovisioni e tutto il resto. Come si fa a non appassionarsi?
Comunque, nel mio minuscolo, spero di aver reso un buon servizio a voi e al rugby. Quantomeno, ora sapete che, alla fine, 'sto cucchiaio di legno non è poi la tragedia che si racconta nelle cronache sportive poco informate.
P.S. Nell'impossibilità di reperire quello originale, allego foto del meno leggendario cucchiaio di legno che uso per cucinare. Oh, meglio di niente.
P.P.S. Questo post è anche sul mio profilo LinkedIn, dove ogni settimana pubblico riflessioni su sport e comunicazione. Incuriosito da Substack, per ora ho deciso di fare 1:1. Poi, se a qualcuno farà piacere leggermi (anche) qui, si vedrà.